Il Piave Mormorò - Fidca

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IL PIAVE MORMORO'...
... ma abbiamo saputo ascoltarlo?
di Luigi Mazza


“Il Piave mormorava, calmo e placido, al passaggio, dei primi fanti il 24 maggio...”.

Il Piave é un fiume del Veneto, che sorge dal monte Peralba, nella Val Sesis (Alpi Carniche) e sfocia nell’Adriatico, a nord-est del Lido di Iesolo, nel golfo di Venezia, dopo un percorso di 220 kilometri.
Il luogo é stato teatro di una grande battaglia della prima Guerra Mondiale, in quanto di importanza strategica e fondamentale.
Quasi un secolo fa, alle 3,30 del 24 maggio 1915, preceduta dai tiri degli obici, le truppe del giovane Regno d'Italia, oltrepassarono il confine italo-austriaco, puntando verso le “Terre irredente" del Trentino, del Friuli e della Venezia Giulia ed entrava in guerra contro gli Imperi centrali. Fu l’ultimo atto dell’epopea risorgimentale, che terminò con la risolutiva Battaglia di Vittorio Veneto, che concluse la cosiddetta ultima guerra d'indipendenza.
La guerra aveva provocato la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico e di quello Ottomano e mise fine a quello degli Zar.
Ma prima della vittoria, l’Esercito Italiano assaporò gravi sconfitte, prima fra tutte quella disastrosa di Caporetto. Con la fine del ripiegamento dell'Esercito Italiano, successiva alla ritirata di Caporetto, nella prima decade di novembre 1917, dopo il passaggio in riva destra della nostra III Armata, delle residue sbandate forze della II Armata, battuta a Plezzo e Tolmino, sull'Isonzo e la distruzione di tutti i ponti verso la riva sinistra, inizia la nostra disperata resistenza contro le vincenti truppe austro-tedesche dell'Isonzo Armeé, del maresciallo Boroevich, imbaldanzite dal rapido successo. Gli Austro-Ungarici riescono ad occupare anche due teste di ponte in riva destra, la prima nella zona delle Grave di Papadopoli e Fagaré (San Bartolomeo), l'altra a Zenson di Piave e nella zona dell'estuario. Dopo accaniti combattimenti, le valide avanguardie austriache che non possono ricevere sufficienti rinforzi dalla riva sinistra, per evidenti difficoltà logistiche e per l'azione della nostra artiglieria, vengono accerchiate e quindi catturate.
Finisce così a dicembre 1917, quella che viene chiamata la Battaglia di Arresto sul Piave e che è la prima delle tre battaglie che si combatterono sul fiume.
La seconda avvenne nel giugno del 1918, quando le truppe austro-tedesche rafforzate e potenziate da un formidabile schieramento di artiglieria, lanciano un’offensiva a fondo, su diversi punti del fronte (Altipiani, Grappa e Tonale), ma l'obiettivo principale è il Piave. Teste di ponte vengono nuovamente occupate sulla riva destra, nelle stesse zone del passato. L'offensiva ha particolare successo nella zona del Montello, che viene occupato per metà, fino alla sommità; anche Nervosa e la zona circostante vengono occupate. Ma da novembre a giugno, l'Esercito Italiano, alla guida del nuovo Capo di Stato Maggiore Armando Diaz, ha avuto il tempo di rafforzarsi, di riempire gli spaventosi vuoti in armamenti, materiale di artiglieria, aviazione, vettovagliamento, creati con la rotta di Caporetto e ha creato una rete di sistemi difensivi a compartimenti stagni. I nostri soldati e in particolare la nuova classe chiamata alle armi, i "ragazzi del '99", con il contributo di alcune divisioni inglesi e francesi, compiono prodigi di valore e riescono gradualmente a ributtare a fiume il nemico. La situazione si ristabilisce con gli Italiani in riva destra e gli Austro-Ungarici in riva sinistra.
Durante l'offensiva di giugno, muore tra gli altri, sul Montello, l'asso dell'aviazione Francesco Baracca, il cui "cavallino rampante" verrà preso da Enzo Ferrari come simbolo della famosa casa di automobili sportive.
Il Piave ritorna in auge ad ottobre 1918, con la nostra offensiva vincente, nota come la “Battaglia di Vittorio Veneto”, che in pochi giorni sbaraglia il nemico, che già a giugno, con la fallita offensiva, aveva ricevuto un duro colpo.
Il 4 novembre 1918, viene firmato l'Armistizio e le ostilità cessano su tutto il fronte.
Nel 1919 la Conferenza di pace di Parigi, diretta dal presidente americano Woodrow Wilson, deluse le aspettative degli interventisti. L'Italia ottenne Trento, Trieste e l'Istria, più l'Alto Adige, etnicamente tedesco; ma non Fiume e la Dalmazia. Il Presidente del Consiglio Orlando e il Ministro degli Esteri Sonnino, per protesta, abbandonarono temporaneamente la conferenza, restando fuori anche dalla spartizione delle colonie tedesche. Ne nacque il mito della "vittoria tradita", che mosse D'Annunzio e i suoi legionari a occupare Fiume e a dar vita all'effimera Reggenza del Carnaro.
Nel 1918, a guerra finita, un poeta e musicista napoletano, Giovanni Gaeta, più noto con lo pseudonimo di E. A. Mario, trasformò quel momento, nella "Leggenda del Piave", una canzone destinata a entrare nella memoria collettiva degli italiani, segnando per sempre la storia del nostro Paese e che tuttora, rappresenta la migliore sintesi canora di un conflitto che ha incendiato l’Europa, dal 1914 al 1918.
Quasi un secolo é passato da quando i nostri soldati attraversarono il Piave, silenziosamente diretti verso il fronte, come nelle buie giornate della ritirata dalle terre del Veneto, con il rumore delle sue acque divenute impetuose al ritorno dello straniero. E tuttora è sempre il fiume a farla da protagonista, quando, non molto lontano, osserva che per qualcuno il suo mormorio é rimasto inascoltato, perché ancora mostra di perseguire idee separatiste.
Torneremo ad essere: "...calpesti e derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi...?".

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