Le Stellette Militari - Fidca

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LE STELLETTE MILITARI
di Luigi Mazza

L’Italia ha sempre avuto una particolare propensione per le stellette, essendo la stella uno degli oggetti più antichi del nostro patrimonio iconografico, associandola addirittura alla personificazione dell'Italia stessa, sul cui capo essa splende raggiante.
Tale particolare predilezione, l’ha avuta fin dai primordi della sua unità nazionale, specie nella rappresentazione uniformologica, tanto è vero che l’adozione delle stellette nell’Esercito e più in generale nelle forze armate, come simbolo militare, si può situare subito dopo la nascita del Regno d'Italia, intorno al 1871, allorché vennero adottate dagli ufficiali di ordinanza del Re e dei principi, apposte sul bavero delle proprie uniformi. Difatti, anche se una circolare del marzo 1860, autorizzava l'ornamento di una stella d'oro a sei punte, con le cifre reali incise al centro e riguardava esclusivamente la tunica e il pastrano degli ufficiali d'ordinanza di Sua Maestà, le stellette come le conosciamo noi, vennero prescritte la prima volta per gli Ufficiali di Fanteria nel 1871 con la “Istruzione sulla divisa degli Ufficiali di Fanteria” approvata con R.D. del 2 aprile di quell’anno. A questa "istruzione", ne seguirono altre e solo con il Decreto del 13 dicembre 1871, n. 571, registrato alla Corte dei Conti il 28-12-1871, uniformando in un’unica normativa le diverse circolari precedenti, il Ministro della Guerra pro-tempore, Generale piemontese Cesare Ricotti Magnani (lo stesso che aveva soppresso i Cappellani Militari, abolita la messa domenicale nelle caserme, reso obbligatorio il servizio militare, ridotto la ferma militare da 5 a 3 anni ed altre analoghe iniziative), adottò la stella massonica a cinque punte sulle uniformi militari, in sostituzione della croce di Savoia. Il Decreto prescriveva testualmente che: “tutte le persone soggette alla giurisdizione Penale Militare, a mente dell’art. 323 del Codice penale militare per l’Esercito e dell’art. 362 di quello per la Regia Marina, porteranno come segno caratteristico della divisa militare, comune all’Esercito e all’Armata (l’Armata si identificava nella Regia Marina Militare – n.d.a.), le stellette a cinque punte sul bavero dell’abito della rispettiva divisa”.
La forma a cinque punte, scelta per le stellette dell'Esercito italiano, aveva soprattutto lo scopo di evitare confusioni con quelle asburgiche a sei punte.
Da allora, le stellette, simbolo esoterico molto antico, associato dai popoli più antichi al pianeta Venere, diventarono segno distintivo del militare in attività di servizio, di qualsiasi grado, arma e corpo. Erano in metallo o ricamate sui baveri delle giubbe e dei cappotti, poste sulle mostrine, sulle controspalline, sulle maniche delle uniformi e sul copricapo, per indicare il grado, ben si adattarono, completando le mostreggiature dei reggimenti di Fanteria e Cavalleria di tutte le Armi e Corpi dell’Esercito.
In passato le stelle a cinque punte, dette anche pentagramma o pentalfa, furono usate non solo per caratterizzare i militari, ma pure come distintivi di grado ed utilizzate anche sugli stemmi di famiglia e sulle bandiere nazionali. Peraltro, una donna formosa, con una stella in fronte o sulla corona portata sul capo, era comune nelle raffigurazioni dell’Italia dell’800.
Lo si può vedere infatti sullo stemma di Casa Savoia, come anche nell’attuale stemma della repubblica italiana, assurto a ruolo odierno di stellone d’Italia ed a simbolo delle italiche fortune, anche se la stessa simbologia è molto diffusa anche nel campo dell'araldica ed attualmente adottata in moltissimi Stati, che l'hanno inserita nei loro stemmi o nelle loro bandiere. La stella a cinque punte, compare infatti anche sugli emblemi dell’esercito americano, come su quello russo, dove spicca anche sulla Medaglia dell’Ordine della Rivoluzione d’Ottobre e finanche dell’esercito cinese.
Ma qual è l’origine vera e propria delle stellette? Da dove viene lo stellone italiano per eccellenza, che a distanza di 150 anni dalla proclamazione del Regno d’Italia, sembra abbia riacquistato attualità, campeggiando sulle bandiere, allegorie, divise militari, sulle polene delle navi della Marina Militare, perfino su alcuni balzelli, tipo i valori bollati e prese in prestito (seppure con vertici disuguali) anche dalle Brigate Rosse?
Inizialmente, pare che le stellette  avessero un significato apotropaico (per scongiurare un pericolo o tenere lontana la sfortuna); la loro origine è da ricercarsi in tempi remoti. Per dirla in termini mitologici, lo Stellone risalirebbe al sesto secolo avanti Cristo con il poeta greco antico siceliota Stesicoro (Metauros, 630 a.C. Catania, 555 a.C.), autore del poema “Iliupersis” sulla caduta di Troia, con la leggenda di Enea, che fuggendo dalla città di Troia, presa e incendiata dai Greci, torna in Italia, la terra dei suoi antenati e quello stellone, cioè la fulgida luce di Espero-Venere, guidò l’eroe sconfitto. Il racconto del viaggio in mare di Enea, guidato verso le coste italiane dalla materna stella di Venere (una specie di esule ante litteram), è poi ripreso da Varrone e da Virgilio dando origine ad una doppia tradizione: la tradizione politica del Caesaris Astrum (l’astro di Giulio Cesare) che si dichiarava discendente dalla dea Venere, considerata l’antenata e la protettrice della Gens Julia e la tradizione toponomastica e letteraria dell’Italia chiamata Esperia, da Hesperos, la stella della sera, secondo il nome che le davano i Greci, il punto luminoso che appare due volte nel cielo, ora come Phosphoros, al mattino, ora come Hesperos la sera, suggerendo loro il nome della terra che sorge al di là del mare, ad Occidente, ch'essi chiamano Esperia e che è la nostra Italia.
Ambedue le tradizioni, si riferiscono di fatto alla Stella Veneris, l’astro della sera, per i Greci, identifica l’Italia come “terra del tramonto”, ma che, essendo anche l’astro della dea dell’amore, in quanto forza universale, consacra l’Italia come la terra dell’Eros cantata dai poeti.
Nel Medioevo, l'astro venne ad assumere delle connotazioni negative, specialmente se tracciato con la punta rivolta verso il basso. Esso stava ad indicare generalmente la magia nera e le forze del male.
Altri fonti sostengono che la comparsa delle stellette debba farsi risalire ad un motto appartenuto ad Amedeo VI di Savoia (il Conte Verde): “Il attend mon astre”. Tale motto, deriva da un antico sigillo Sabaudo risalente al 1373, che venne inciso su una medaglia fatta coniare nel 1843 da Carlo Alberto. Sempre per rimanere con i Savoia, si sa di certo che, in occasione dei funerali di uno dei maggiori fautori dell’Italia unita, Vittorio Emanuele II, il Pantheon di Roma, luogo deputato alla sua sepoltura, venne addobbato con innumerevoli stelle a cinque punte e un augusto pentacolo (così era anche definita la stella a cinque punte), di grandi dimensioni venne issato sulla cupola del Pantheon, che stava ad indicare ai patrioti, il vero cammino da seguire.
Un’altra ipotesi, per la verità alquanto inverosimile, potrebbe ricondursi ad origini massoniche e proviene dallo stesso Senatore del Regno d’Italia, Generale Cesare Ricotti Magnani, il quale avrebbe adottato l’uso delle stellette a cinque punte, simbolo massonico per eccellenza, per dare un segno tangibile di riconoscenza agli affiliati al “Grande Oriente d’Italia”, al quale egli apparteneva. Il pentalfa assumeva così una connotazione particolare, legata al cosiddetto numero d'oro (chiamato anche sezione aurea o divina proporzione), presente nella sua struttura geometrica. Gli antichi architetti utilizzavano spesso il rapporto aureo, che conferiva alle loro opere un'armonia ed una perfezione senza pari. Così questo valore numerico, il “pentagramma” ed altri simboli associati all'architettura (come la squadra ed il compasso), sono entrati a far parte della complessa simbologia massonica.
In tempi più recenti, perveniamo all’inizio del diciassettesimo secolo, con l’opera “Inconologia” del 1603 di Cesare Ripa, il quale, nel suo trattato iconografico, unisce l’emblema dello stellone all’immagine allegorica dell’Italia Turrita, fino a giungere al Risorgimento italiano, in cui lo stellone acquista maggiore potenzialità, con il suo costante richiamo alle raffigurazioni risorgimentali. Dopo l’unità d’Italia, la presenza di enormi stelle simboliche sul palco d’onore delle cerimonie ufficiali, a cui partecipava il re Vittorio Emanuele II, induce sempre più gli italiani a parlare, in modo affettivo, dello “stellone” che protegge l’Italia. Negli anni del primo dopoguerra, tra il 1919 e il 1924, comincia così a prevalere un significato assistenziale, protettivo o provvidenziale della stella, che è giunto fino ai nostri giorni.
Una tradizione vecchia di decine di secoli, che ha nutrito il grande filone della poesia latina e italiana, da Cicerone a Leopardi, legittimata in funzione della nascita della nuova Italia, in cui la figura dello stellone, viene consolidata con la sua vistosa presenza, all’interno della ruota dentata dell’emblema repubblicano ”provvisorio”, così come disposto con decreto legislativo del 5 maggio 1948, posta tra un ramoscello di ulivo e un altro di quercia.
In ogni caso, qualunque fosse il motivo della loro prima apparizione sulle uniformi militari, le stellette nel tempo sono divenute, non solo un simbolo militare per eccellenza, ma soprattutto, almeno in Italia, prerogativa specifica delle Forze Armate, il cui status comporta precisi doveri da parte di coloro che le indossano.
Dal 1871 in poi furono emanati diversi atti che regolamentavano la materia:
  • il Regio Decreto del 2 aprile 1871, approvava la “Istruzione sulla divisa degli Ufficiali di Fanteria” , in cui venivano date indicazioni circa l’uso delle stellette;
  • le “Istruzione” del 5 agosto 1871, in cui si prescriveva l’uso delle stellette per gli Ufficiali di Stato Maggiore, per i Bersaglieri, per l’Artiglieria e il Genio;
  • il R.D. del 2 settembre 1871, che approvava la “Istruzione sulla divisa degli Ufficiali di Cavalleria”, nella quale veniva prescritto che il “fregio” sul berretto, fosse composto da una “stella” con entro il numero del reggimento, il tutto sormontato dalla corona reale e venivano introdotte le stellette a cinque punte sul bavero;
  • il R.D. del 15 ottobre 1871 che statuiva le “stellette” d’oro sul bavero delle giubbe dei Generali;
  • il Decreto del 13 dicembre 1871, n. 571, registrato alla Corte dei Conti il 28-12-1871, che uniformava in un unico provvedimento le diverse disposizioni precedenti sulle stellette;
  • il Decreto del gennaio 1872, che stabiliva in che modo dovevano essere indossate le stellette;
  • il Decreto del 1° aprile 1872, in cui vennero rese obbligatorie per tutti gli Ufficiali;
  • il Decreto del 1° luglio 1872, che estendeva l’obbligo a tutti i militari di truppa;
  • varianti alle norme, vennero emanate il 24 aprile 1902, quando furono adottate le stellette di tipo metallico per la truppa;
  • il Decreto del 29 gennaio 1903, n. 37, sanciva invece l'obbligo dell’estensione del distintivo in questione ai militari e agli ufficiali in congedo richiamati in servizio attivo;
  • il decreto del 14 luglio 1907, n. 556, in cui l'obbligo veniva ulteriormente esteso agli appartenenti ai corpi armati dello Stato e vietato l’uso delle stellette, da parte di persone che non appartenevano alle Forze Armate.
Come si vede, la materia è ancora tutt’oggi in continua evoluzione, per rendere le stellette sempre attuali, colme di significato e zeppe di quei valori fondamentali, che nel tempo hanno conquistato, con il valore degli uomini che le hanno indossate.
La lapide qui a lato, scoperta solennemente in occasione del centenario dell’adozione delle stellette è presente in tutte le Accademie militari e costituisce, per così dire, un documento ufficiale della loro nascita sulle uniformi militari.
Nel corso della seconda guerra mondiale, per penuria dei materiali necessari alla loro produzione, furono affiancate e sostituite, ovunque possibile, dalla versione in filato di tessuto, che ancora oggi spicca al bavero delle tute mimetiche, permanendo, dopo oltre un secolo, il simbolo incontrastato della militarità e continuano a tenere alto il prestigio dei soldati d'Italia.
Durante il regime fascista, diventarono l'anima stessa dell'Italia, che in questa Stella vedeva racchiusa una congiura potente,  che i nostri pittori e scultori mettono sulla testa dei simulacri della Patria, illuminata nei giorni di festa, sulle facciate o le sommità degli edifici pubblici, più in alto che i fasci littori; ma che nessun civile, sia donna che ragazzo, ha il diritto di mettere sul suo vestito.
E ancora: l'Italia circonda d'un rispetto tanto geloso, d'una volontà di possesso tanto esclusiva, il sacro pentagramma, che, quando nel 1918, formò le legioni straniere, con prigionieri cechi, polacchi e rumeni, che domandavano di combattere sotto le sue bandiere, essa gli permise di scegliere il corpo o l’Arma che desideravano, ma rifiutò loro le stellette, che solo i suoi figli hanno il privilegio di bagnare col proprio sangue.
Realizzate in alluminio, zigrinate, a rilievo opache, oppure lisce e lucenti, le stellette hanno sempre avuto una nobilissima tradizione. Finché gli uomini dovranno lottare per difendere la loro libera e civile convivenza; finché gli sconvolgimenti geologici imporranno l'ausilio di forze d'intervento; finché i piromani continueranno a incendiare le nostre belle pinete; finché la criminalità di ogni tipo minaccerà la pacifica esistenza degli uomini, le persone con le stellette militari avranno ancora un importante compito da svolgere.
Tanto ancora ci sarebbe da dire sulle stellette militari, ma termino con un aneddoto in merito alle prime regole imparate nei miei primi giorni di vita militare (ne ho trascorsi poi 40 anni), quando gli istruttori, durante le ore di addestramento, ribadivano i propri concetti ad eventuali proteste, indicando le cinque punte delle stellette, con la frase: “Non” “si” “di” “scu” “te“!
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